La Giornata internazionale delle ragazze nelle ICT, che quest’anno ricorre il 24 aprile, rappresenta un momento fondamentale per riflettere sulle barriere che ancora oggi ostacolano il coinvolgimento femminile nel settore tecnologico. Nonostante la crescente attenzione verso la parità di genere, le discriminazioni nei confronti delle donne persistono in varie forme, dalle disparità economiche alla scarsa rappresentanza in ambiti decisionali, come evidenziato dall’analisi dell’ASviS (Alleanza Italiana per lo Sviluppo Sostenibile).
Il divario di genere nel mercato del lavoro
Il gap di genere nel settore lavorativo rappresenta una delle manifestazioni più concrete delle disuguaglianze tra uomini e donne. Nell’Unione Europea, la retribuzione oraria lorda femminile risulta in media inferiore del 12,7% rispetto a quella maschile, mentre il gender gap nel tasso di occupazione si attesta al 10,8%. Particolarmente allarmante è la situazione nel settore ICT (tecnologie dell’informazione e della comunicazione), dove la componente femminile è fortemente sottorappresentata: nell’Unione Europea gli uomini costituiscono l’81,1% dei lavoratori del settore, percentuale che in Italia sale addirittura all’84%.
La segregazione orizzontale e i suoi effetti
Tra le principali cause di questo divario emerge la “segregazione orizzontale”, fenomeno che, secondo l’analisi della Commissione europea del 2023, è responsabile di circa il 24% della disparità retributiva di genere. Questo meccanismo vede una marcata sovra-rappresentazione femminile nei settori tradizionalmente meno remunerativi come sanità, istruzione e assistenza sociale, mentre le professioni con minor presenza femminile, specialmente quelle che richiedono avanzate competenze digitali, tendono a offrire salari più elevati. La pandemia di Covid-19 ha ulteriormente accelerato la digitalizzazione del mondo del lavoro, rendendo sempre più indispensabili le competenze tecnologiche e aumentando il rischio di esclusione per chi non le possiede.
Il paradosso italiano: eccellenza accademica e penalizzazione lavorativa
I dati relativi alle laureate STEM (Scienza, Tecnologia, Ingegneria e Matematica) in Italia presentano un quadro complesso. Nel 2021, secondo il Focus Gender Gap 2023 elaborato da AlmaLaurea, le donne rappresentavano il 40,9% dei laureati in queste discipline, con performance accademiche superiori rispetto ai colleghi uomini. Le laureate STEM hanno infatti conseguito un voto medio di laurea più elevato (104,2 su 110 contro 102,3) e completato gli studi nei tempi previsti in percentuale maggiore (57,6% contro 53,0%). Tuttavia, questa eccellenza accademica non si traduce in pari opportunità professionali. A cinque anni dalla laurea, il tasso di occupazione delle donne STEM risulta inferiore di 3,2 punti percentuali rispetto agli uomini (90,9% contro 94,1%), con una retribuzione media mensile di 1.650 euro, ben 195 euro in meno rispetto ai colleghi maschi. Questa disparità evidenzia come gli stereotipi e la segregazione di genere continuino a influenzare negativamente la carriera professionale delle donne, nonostante le loro competenze e qualifiche.
Interessate ma penalizzate: il paradosso delle ragazze italiane
Un elemento particolarmente interessante emerge dai dati PISA 2022 riguardo l’interesse delle giovani italiane verso il mondo digitale. Contrariamente a quanto si potrebbe pensare, le quindicenni italiane mostrano il più alto livello di interesse in Europa per l’apprendimento delle competenze digitali, sia per uso generale (81,05%) che per applicazione lavorativa (80,59%). Questo dato risulta sorprendente considerando che, in termini di accesso agli strumenti digitali, l’Italia presenta la seconda maggior differenza di genere in Europa, con le ragazze che hanno meno possibilità di accesso a internet (90,59%, il dato più basso in Europa) e ai dispositivi digitali rispetto ai coetanei maschi. Anche riguardo l’interesse per la programmazione informatica, sebbene esista una differenza di genere (61,35% per le ragazze contro 69,98% per i ragazzi), il divario in Italia è molto inferiore rispetto alla media europea, posizionando le giovani italiane al terzo posto in Europa per interesse verso il coding. Questi dati rivelano un potenziale inespresso che rischia di essere frustrato da barriere strutturali e culturali.
Dalle criticità alle opportunità
Il dato paradossale che emerge dall’analisi dell’ASviS – giovani italiane fortemente interessate al digitale ma con scarso accesso agli strumenti tecnologici – rappresenta al contempo una criticità e un’opportunità. Investire sulla formazione digitale femminile significherebbe non solo rispondere a un’esigenza di giustizia sociale, ma anche valorizzare un potenziale umano prezioso per lo sviluppo economico e l’innovazione del Paese.
Il ruolo delle aziende e delle Società Benefit come F.IRE
Le aziende, in particolare le Società Benefit come F.IRE, hanno un ruolo fondamentale nel promuovere un cambiamento culturale e strutturale. F.IRE si impegna concretamente per abbattere le barriere di genere nel settore tecnologico, sviluppando programmi specifici per incentivare la partecipazione femminile nel mondo ICT. Attraverso formazione continua, partnership e politiche inclusive, F.IRE lavora attivamente per valorizzare i talenti femminili e creare un ambiente lavorativo equo e stimolante. La diversità non è solo un valore etico ma anche un vantaggio competitivo in termini di innovazione e crescita aziendale. È fondamentale l’impegno continuativo e strutturato per superare queste barriere. La creazione di percorsi di carriera trasparenti e meritocratici rappresentano strategie essenziali per costruire un futuro più inclusivo e paritario.